Home |
Ipotesi dopaminergica della schizofrenia e neurolettici
The D1 receptors facilitate adenyl cyclase, whereas the D2
receptors inhibit this second messenger. These processes change the
protein-synthesizing capabilities of the cell.
Endorphins can influence the release of dopamine or alter the
number or sensitivity of dopamine receptors. Il termine neurolettico è stato inizialmente utilizzato in riferimento alla diminuita attività motoria dovuta alla clorpromazina (1). Per lungo tempo si è creduto che i sintomi extrapiramidali associati fossero in realtà parte integrante dell'effetto terapeutico del farmaco sull'organismo. Solo dopo anni questi sintomi sono stati considerati come effetti collaterali, potendosi ridurre aggiustando attentamente il dosaggio. Nel 1993 Kane e Marder (2) sostennero infatti che dosi inferiori a quelle usate convenzionalmente causavano minori sintomi extrapiramidali. I limiti di un tale approccio risiedevano però proprio nelle considerazioni sull'origine della schizofrenia, vale a dire nella formulazione della "ipotesi dopaminergica". Infatti l'osservazione che i neurolettici bloccavano il sottotipo recettoriale D2 della dopamina tanto quanto era efficace il farmaco (3, 4) ha rappresentato il supporto maggiore alla comprensione del meccanismo d'azione dei neurolettici (5,6). Gli effetti terapeutici e collaterali sono stati spiegati in relazione alla espressione dei recettori nei diversi distretti del sistema nervoso centrale: così il blocco dei D2 nel sistema nigrostriato, in particolare i gangli della base, determina gli effetti extrapiramidali, ed il blocco dei D2 a livello mesolimbico è legato maggiormente agli effetti antipsicotici veri e propri (6,7). Un limite a questo modello del blocco recettoriale potrebbe essere l'osservazione che i tempi di risposta nell'occupazione dei recettori sono al massimo riconducibili ad alcune ore mentre l'effetto terapeutico atteso compare dopo qualche settimana. Le osservazioni di Pickar (8, 9) hanno
quindi focalizzato l'attenzione sui complessi eventi a cascata che seguono
l'iniziale blocco dei recettori dopaminergici. Tuttavia i neurolettici in
commercio oggi non sono recettori specifici bloccando, a dosi tera-peutiche,
altri recettori oltre a quelli per la dopamina (10). Caratteristiche di questi ultimi farmaci sono che non producono catalessia negli animali, non aumentano i livelli di prolattina nell'uomo, e determinano inoltre minori effetti extrapiramidali (13). Gerlach e Casey (14) descrissero con enfasi un gruppo specifico di
neurolettici atipici e proposero che tutti i farmaci antipsicotici fossero
classificati in base alla farmacologia dei primi, come suggerito da Gerlach
stesso nel 1991 (15). Un lavoro del 1986 di Wong et al. (16) ha riportato un aumento del numero dei
recettori D2 in schizofrenici mai trattati farmacologicamente. Si è potuto così
dimostrare una presenza maggiore di tali recettori tramite l'uso di un ligande
specifico marcato con 11C. Successivamente Farde et al. (17) non furono in grado
di confermare questi risultati; tuttavia essi poterono dimostrare che a livello
dei gangli della base dal 65 all'89% dei recettori D2 erano occupati da 10
diverse classi di neurolettici tipici. Questa scoperta costituì un "forte
supporto all'ipotesi che il meccanismo d'azione dei farmaci antipsicotici è in
relazione con un sostanziale grado di occupazione dei siti recettoriali D2". In
alcuni pazienti però sono stati trovati moltissimi siti occupati senza alcun
effetto terapeutico o extrapiramidale (14). La clozapina, un neurolettico
atipico, accanto ad un 40-65% di siti D2 occupati, mostrava un legame specifico
ad un 42% dei recettori D1. Ciò permise di concludere che l'azione dei
neurolettici atipici era probabilmente dovuta all'effetto combinato su entrambi
i recettori D1 e D2. Nel 1992 Farde et al. (19) confermarono che i neurolettici
classici occupavano circa dal 70 all'89% dei siti recettoriali D2 a livello dei
gangli della base nei pazienti schizofrenici trattati farmacologicamente, e che
nei pazienti che presentavano effetti collaterali extrapiramidali veniva
occupato un numero maggiore di siti. L'interesse per i recettori dopaminergici è
aumentato ulteriormente quando si scoprì che le sottoclassi di questi recettori
non erano solo due, bensì cinque (18). E' stato ipotizzato che i recettori D3 e
D5, riscontrati prevalentemente nelle regioni limbiche, potessero essere
importanti nel mantenimento dell'eccitamento (20). Per quanto riguarda il
trattamento della schizofrenia un particolare interesse hanno suscitato dai
recettori D4, trovati principalmente nella corteccia frontale, nel mesencefalo e
nel midollo. La clozapina ha un'affinità maggiore per questi recettori rispetto
a quella per i D2. Questa osservazione suggerisce che i D4 siano il principale
target per l'azione antipsicotica di questo neurolettico atipico, anche se
Kerwin (21) sostiene che: "il rapporto fra i recettori D4 e l'azione della
clozapina rimane senza risposta". La clozapina blocca più del 90% dei recettori
D4, e solo il 20% dei D3, laddove la maggior parte dei neurolettici determinano
un blocco di più del 50% di questi ultimi. Kane e Freeman (22) hanno quindi
ipotizzato che è probabile che vari sottotipi di recettori dopaminergici devono
essere bloccati simultaneamente per poter ottenere il massimo effetto
terapeutico. L'ipotesi che alterazioni neurochimiche siano coinvolte nella schizofrenia ha
una lunga storia (Andreasen 1995). Tuttavia l'evidenza empirica è stata fornita
solo quando la modalità d'azione dei farmaci antipsicotici è stata messa in
relazione con il metabolismo delle catecolamine nel cervello e in modo più
specifico agli effetti bloccanti di questi farmaci sui recettori post-sinaptici
delle catecolamine (Carlsson e Lindkvist 1963). Successive ricerche hanno
evidenziato che l'efficacia clinica degli antipsicotici è da attribuire alla
loro capacità di bloccare i recettori D2 postsinaptici (Peroutka e Snyder 1980).
La dopamina aumenta la sensibilità delle cellule cerebrali agli stimoli. Ciò è
utile in quanto aumenta la consapevolezza della persona nei momenti di stress o
pericolo. Ma, per una persona con schizofrenia, l'aumento dell'azione
dopaminergica in un cervello già iperattivo può portare alla psicosi. Dati recenti suggeriscono che molti altri siti recettoriali come D1, D2, D, D4, 5-HT2 e NMDA sembrano essere coinvolti nella patogenesi della schizofrenia (Hirsch e Weinberger 1995; Seeman 1995; Kerwin et al. 1997).
Vibo Valentia |